Skip to main content

Papà come il mare di Tropea

“Grande, trasparente, azzurro, profondo, imprevedibile, impetuoso, avvolgente, antico, presente, eterno…”

  Eleonora, tuo gelsomino tiepido

Sono le parole che Eleonora Vallone dedica al suo papà dopo la scomparsa, una poesia breve ed intesa che descrive chiaramente il carattere di Raf, un uomo forte e limpido proprio come le acque cristalline in cui si specchia la rupe di Tropea. Gelsomino tiepido era l’affettuoso nomignolo con cui si rivolgeva alla maggiore dei suoi tre figli, delicata come i minuscoli fiorellini bianchi che inondano con il loro profumo anche molti angoli del centro storico quando il sole primaverile li riscalda.

Una vita, mille vite

Raffaele nasce a Tropea il 17 febbraio del 1916 da Giovanni Vallone, avvocato torinese di origini tropeane, e la nobile Caterina Mottola. Quando Raf è ancora un bambino la famiglia si trasferisce nella città del padre, dove studia al Liceo Classico Cavour e inizia a giocare nelle giovanili del Torino; approda in Prima squadra nel 1934, mentre già frequenta l’Università, dove si laurea in Lettere e Filosofia e in Giurisprudenza, con docenti del calibro di Luigi Einaudi e Leone Ginzburg, che gli trasmette l’interesse per la poesia e la recitazione. Finita la parentesi calcistica nel 1941 si dà al giornalismo e dopo l’armistizio del 1943 entra in contatto con il movimento antifascista Giustizia e Libertà e partecipa alla Resistenza. Nel 1945 redige la Terza pagina dell’Unità, ma nonostante le sue idee di sinistra non si iscriverà mai al PCI perché contrario alla dittatura stalinista. Grazie alla sua professione conosce il regista Giuseppe de Sanctis, che lo contatta per avere delucidazioni sulla realtà delle Mondine che voleva celebrare in “Riso amaro”, sulle quali Raf aveva realizzato un’inchiesta. Il giovane capo redattore si autocandida per il film, che esce nelle sale nel 1949: inizia così la sua brillante carriera cinematografica che vanta innumerevoli titoli da “Il cammino della speranza” (1950) a “La Ciociara” (1960), da “Uno sguardo dal ponte” (1961) a “Il cardinale” (1963), fino a “Il Padrino – parte III” (1990). Lavora sia in Italia che all’estero alternando le apparizioni sul grande schermo a quelle televisive, senza tralasciare il teatro, dove si occupa anche di regia lirica. Un uomo poliedrico, dunque, colto e curioso, che declamava versi in latino e greco, capace di perfezionarsi e di crescere dal punto di vista tecnico in modo assolutamente autonomo, lui che non aveva studiato presso le accademie, ma da autodidatta. Al suo dinamismo professionale fa da contraltare la stabilità di una vita familiare condotta per più di cinquant’anni accanto alla stessa donna, l’attrice Elena Varzi, sua co-protagonista in “Non c’è pace tra gli ulivi” (1950), che gli regala la gioia di tre figli Eleonora e i gemelli Arabella e Saverio.

Il legame con la sua terra

La famiglia di Raf tornava a Tropea durante il periodo estivo, mantenendo così i contatti con le proprie origini. Spesso, anche dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, si ritrovava a giocare a pallone con i suoi amici tropeani allo stadio del Sole. Il suo amore per la città s’identificava con la sua profonda passione per il mare, che lo vedeva protagonista di lunghe nuotate quando quella sconfinata distesa blu era una tavola immobile, e che sfidava nei giorni in cui si agitava con una piccola imbarcazione (u guzzu) e lo faceva con una tale audacia e una tale frenesia da meritarsi il soprannome di smaniu, lo smanioso, affibbiatogli dai pescatori che dalla riva assistevano sbalorditi. La figlia Eleonora ha voluto condividere con noi i ricordi delle loro vacanze nella città tirrenica: la casa nel centro storico a picco sulla spiaggia delle Roccette, i primi tuffi, le scorpacciate di patelle e ricci raccolti con il papà. E poi la villa di Parghelia a mezzacosta da cui si godeva lo splendido panorama sulla rupe, le passeggiate a contatto con la natura e i bagni nella fiumara. Infine gli amici di sempre, con i quali era semplicemente se stesso, impulsivo, generoso, per nulla divo, un calabrese verace, che imprecava in dialetto, ma che nel suo lavoro era preciso, risoluto e rigoroso. Durante le riprese di “Non c’è pace tra gli ulivi” scoprì la cittadina di Sperlonga (LT) che in qualche modo gli ricordava Tropea, perciò decise di costruire lì una villa che gli avrebbe dato l’impressione di essere vicino a casa, anche quando per i tanti impegni non poteva tornarci.

Il ricordo

Raf Vallone, che lucido fino alla fine recitava a memoria poesie per tenere la mente allenata, muore all’età di 86 anni il 31 ottobre del 2002 a Roma. Per suo espresso desiderio adesso riposa di fronte a quel mare da lui tanto adorato, intenso come il suo sguardo, che riteneva avere qualcosa di mitico come la terra di Calabria. Accanto a lui l’amore della sua vita, la moglie Elena scomparsa nel 2014. All’attore è dedicato il Premio Nazionale di cinematografia istituito dal figlio Saverio, che ne ha seguito le orme, per omaggiare la sua figura e renderne indelebile il ricordo.