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Storia dell’edificio

L’antico complesso conventuale di Santa Chiara, tra i primi di tale Ordine in Calabria, fu istituito nel 1261 per volere della nobildonna Marianna Mumoli. La struttura, rimaneggiata più volte tra il XVI e XVII secolo, fu, in seguito al terremoto del 1783, incamerata dalla Cassa Sacra e assegnata in parte alla nobile famiglia Toraldo, la quale nel 1877 donò i locali per la creazione dell'”Ospedale civile Ignazio Toraldo”. Nel 1988 divenne sede del Municipio di Tropea, poi trasferito a Palazzo Sant’Anna. Nel 2011 si decise di riconvertire gli spazi, ormai inutilizzati, in un museo del mare e in una sala polifunzionale, quest’ultima corrispondente all’antica chiesa di Santa Chiara, inglobata nel complesso, rimessa in luce attraverso un accurato e rispettoso restauro, sostenuto dall’Amministrazione Comunale con fondi PISL regionali.

Il MuMaT

Il museo, aperto nel 2019 sotto la direzione del prof. Francesco Barritta, si propone di sensibilizzare il visitatore al rispetto dell’ambiente, specificatamente quello marino, attraverso la valorizzazione del patrimonio paleontologico e biologico del Tirreno centro-calabrese e del territorio del promontorio del Poro. Gli strati geologici su cui il tratto di costa e le colline dell’interno insistono, rappresentano difatti vere e proprie miniere fossilifere del periodo miocenico: un unicum a livello regionale, che per la sua varietà è stato studiato da esimi paleontologi nazionali e internazionali. La quasi totalità dei ritrovamenti che costituiscono la collezione museale è stata recuperata e preservata dai soci del Gruppo Paleontologico Tropeano (GPT) nel corso di oltre trent’anni di ricerca nel circondario di Tropea, principalmente nelle cave di sabbia di Cessaniti: si può quindi affermare che é proprio grazie al loro appassionato lavoro di indagine che oggi la Città può vantare una realtà come questa utile ad una più approfondita conoscenza del suo territorio e del suo patrimonio naturalistico.  Non a caso l’associazione ha assunto la gestione del museo, il cui responsabile scientifico é proprio il suo presidente, il paleontologo Giuseppe Carone. 

Il percorso espositivo

Recentemente rinnovata nell’allestimento, la struttura museale si sviluppa in tre sale contigue poste al pian terreno, in passato cucina e refettorio del convento, per le quali è stato scelto un tipo di arredo pulito ed essenziale costituito da contenitori in metacrilato su basi in legno e all’interno dei quali sono stati posizionati in totale 184 reperti tra vertebrati marini e continentali e invertebrati marini, con scopo prevalentemente comparativo tra fossili e organismi viventi per evidenziare l’evoluzione delle varie specie. La prima saletta, nella quale trova posto la biglietteria, ospita una piccola collezione di denti di selaci e di squali attuali; la seconda è dedicata alla biologia marina e agli invertebrati, con la collezione malacologica e l’esposizione di  varie specie di Echinidi, tra le quali numerose Clypeaster donate dal paleontolfilo Kurt Bosk ed esemplari del paratipo Amphiope Caronei, dal nome del paleontologo Carone. Infine la sezione destinata interamente alla paleontologia, con conchiglie e vertebrati, nella quale spiccano gli scheletri di metaxytherium serresii, uno dei quali risulta ad oggi il più completo al mondo, e lo scheletro di Heterocetus guiscardii, un esemplare di balena risalente a 7 milioni di anni, tra i più completi e i meglio conservati. 

Attività collaterali

Sin dalla sua nascita il MuMaT aderisce alle iniziative promosse dal MiBACT (Domenica al Museo) e alla rete di musei del mare del Museo Navigante. Inoltre, beneficiando della presenza di una sala polifunzionale, dove vengono organizzati eventi durante tutto  l’anno, il Museo si propone di arricchire l’offerta culturale promuovendo attività convegnistiche e mostre d’arte temporanee.